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12-Aprile-2010

IN RICORDO di PAPA GIOVANNI PAOLO II - 02.04.2005 – 02.04.2010

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Venerdi’ Santo, 2 aprile 2010 è stato il quinto anniversario della morte terrena di Papa Giovanni Paolo II, al secolo Karol Jozef Wojtyla.

Mi vengono in mente tante considerazioni, ma la prima fra tutte, in questa societa’ cosi’ trasgressiva ed effimera, che anche un grande Papa, ma soprattutto un grande uomo, a distanza di cinque anni e’ quasi dimenticato; classico e’ il proverbio: muore un Papa se ne fa un altro!
Ma noi, uomini e donne, impegnati sul Culturale, ma soprattutto sul Sociale non possiamo dimenticare quest’Uomo, il suo insegnamento, il suo esempio.

Noi che abbiamo avuto la fortuna di averlo ascoltato, anche conosciuto personalmente, non possiamo rimanere attoniti nel suo ricordo, nell’elaborazione sempre piu’ attenta del suo pensiero, nella consapevolezza che era un uomo con sensibilita’ soprannaturali e che l’uomo comune con estrema difficolta’ riesce ora a comprendere il suo ministero, il suo pensiero, il suo insegnamento.

Non voglio fare retorica, non fa parte del mio modo di vivere, del mio bagaglio culturale, ma quando penso a lui, mi assale una profonda commozione.
Ripercorro, i suoi discorsi, i suoi insegnamenti, ma gia’ dall’omelia pronunciata domenica 22 ottobre 1978 per l’inizio del suo Pontificato, in quelle parole ci sono il sunto dell’essenza della sua vita, del suo pensiero, del suo operato.

Pronuncio’: "Non abbiate paura. Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo!"


IN RICORDO di PAPA GIOVANNI PAOLO II
02.04.2005 – 02.04.2010

Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo! Alla sua salvatrice potestà aprite i confini degli Stati, i sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo. Non abbiate paura! Cristo sa “cosa è dentro l’uomo”. Solo lui lo sa! Oggi così spesso l’uomo non sa cosa si porta dentro, nel profondo del suo animo, del suo cuore. Così spesso è incerto del senso della sua vita su questa terra. È invaso dal dubbio che si tramuta in disperazione. Permettete, quindi – vi prego, vi imploro con umiltà e con fiducia – permettete a Cristo di parlare all’uomo. Solo lui ha parole di vita, sì! di vita eterna.


E’ l’annuncio di una fede viva, a viso aperto, non il Dio della Sociologia, della Teologia inquieta e annacquata, ma il Dio forte e misericordioso delle scritture, della cultura che consola, dell’abbandono che da’ coraggio.
Il Dio di Abramo, il Dio delle prove della testimonianza fino al martirio.

Lui e’ stato un pellegrino fra noi con l’esempio della sua vita.

“Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo!". In quel grido, in quelle parole, era già indicata la linea ispiratrice di tutto il suo Pontificato: la fortezza nella fede e il senso di responsabilità che animano un Vescovo nella sua alta missione devono portarlo a non avere paura quando si tratta di proclamare la verità, di difendere i valori e di difendere le persone.
Un Papa che la gente ha sentito vicino perché ha saputo comprendere i problemi, i dubbi, la ricerca di verità e di libertà che vi sono nel cuore umano.
È stato protagonista di cambiamenti epocali; abbandonato a un amore fedele ed eterno è stato capace di orientare i suoi passi e le sue scelte fra le tempeste della storia con l’audacia del profeta e la serena fiducia del convinto.

Ma è anche stato un uomo a cui tanti avevano imparato a guardare come a uno di famiglia, a un padre e a un amico.

Il Papa della vita, dell’amore e della famiglia.

Lo voglio ricordare così, con questa bella foto che lo ritrae assieme ad un'altra coraggiosa testimone del nostro tempo: Madre Teresa di Calcutta.

Inoltre, debbo confidare, di averlo conosciuto in udienza privata nel lontano 1988, durante un incontro con i Medici: Mi ricordo la sua figura ieratica, un uomo possente, ma soprattutto i suoi occhi, il suo sguardo cosi’ profondo, era difficile tenere il suo sguardo.

Ci disse con parole molto semplici che noi Medici avevamo ricevuto un dono, quello di essere vicini alla malattia e al dolore degli uomini, e nella malattia e nel dolore ci e’ piu’ vicino Dio. Pertanto, poiche’ l’uomo e’ debole e il Medico e’ un appiglio soprattutto psicologico per il malato, poiche’ in ogni malato si cela Nostro Signore, Noi Medici, nel giudizio finale dovremmo rispondere soprattutto di questo dono.

Questo messaggio e’ attuale e lo riverso in chiunque Medico legga queste parole.

Cosi’ nel ricordo, ma oggi!
Oggi e’ sempre piu’ attuale il suo insegnamento, oggi che tutto e’ diventato effimero e che i valori, quelli piu’ basilari, quelli morali sono messi in discussione.
Noi pensiamo con il progressismo sfrenato, il consumismo globale e pensiamo di aver raggiunto traguardi di notevole valore, invece se ragioniamo con onesta’ intellettuale e con profonda umanita’, ci accorgiamo che stiamo vivendo una profonda involuzione sia culturale che sociale.

Analizziamo, con un carotaggio simbolico varie espressioni della nostra Societa’:
Viviamo un periodo di crisi ma che a nostro avviso e’ piu’ di concetti valoriali che economici.

I nostri giovani non hanno piu’ nulla a cui credere, pertanto sono assetati di concretizzazioni sia dal punto di vista materiale che spirituale. Oggi tutto si vuole tutto e subito, senza sacrificio, con un concetto di “ dovuto “ frutto di elargizioni sempre piu’ ampie da una classe genatoriale sempre piu’ impegnata a raggiungere obiettivi economici e di facciata, trascurando tutto e tutti; pertanto l’anello piu’ debole di questa catena sono i figli, poiche’ avranno avuto maggior benessere ma e’ mancato il valore sostanziale, incontrovertibile, motivante, pregnante: il valore umano di un Padre e di una Madre. Ebbene si’, per conquiste sociali, da qualche lustro la capacita’ genitoriale e’ stata delegata a Tate di turno o Asili Nido o Istituti pubblici e privati di qualsivoglia entita’, ne sono fioriti a migliaia, effetto esasperato di una domanda sempre piu’ pressante.
Eppoi, noi che non siamo piu’ giovani, ricevevamo un bel regalo, una volta l’anno, il giorno dell’Epifania. Il regalo era di un certo valore, finalizzato all’educazione del bambino o del ragazzo e veniva da quest’ultimo conservato con meticolosita’ e riguardo, doveva durare un anno!

Oggi, invece, i bambini o ragazzi, ogni giorno ricevono un regalo, indistintamente, sia dai padri che dalle madri, che in questo modo, assolvono la loro coscienza per essere assenti in un loro precipuo dovere: quello di educare i propri figli.

Ma tornando al ricordo di Giovanni Paolo II, lui ci ha insegnato la retta via, la consapevolezza che il miglior discorso della nostra vita e’ il nostro operato, ma soprattutto il nostro esempio di vita, penso alla sua sofferenza umana, e’ stata una via crucis personale, non celata, ma da lui comunicata come sapeva ben fare: un Grande Papa, un Grande Uomo.


Prof. Dr. Carlo Messina
Presidente SIAECM

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