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IL
DPCM del 1 aprile 2008 (GU n. 126 del 30-5-2008), entrato in vigore il 14
giugno 2008, sancisce il passaggio della funzione sanitaria in tutti gli
Istituti penitenziari (adulti e minori e OPG) dal ministero della
Giustizia a quello della Salute.
Nella
“riforma” dell’attuale DPCM, con il relativo trasferimento della
competenza sanitaria al Ministero della Salute (il Titolo V° della
Costituzione), si individuano gli interventi clinico-riabilitativi delle
funzioni sanitarie (che passano al SSN), e quelli di sicurezza che
rimangono di competenza al DAP ed alla Magistratura. Inoltre, viene
sottolineato che “l’ambito territoriale costituisce la sede
privilegiata per affrontare i problemi della salute, della cura, della
riabilitazione delle persone con disturbi mentali” analogamente a quanto
aveva previsto, per la psichiatria civile la legge “180”, recepita
dalla legge n. 833 del 12 dicembre 1978.
L’attuale
DPCM non ha previsto una fase di sperimentazione in alcune Regioni pilota
prima di estenderlo a quelle rimanenti, a differenza del Decreto n. 230
del 1999, al fine di potere portare dei correttivi, inevitabili ed una
maggiore garanzia del risultato.
La
legge “180” è stata una grande riforma della psichiatria italiana,
ma, pur rimanendo validi i principi di fondo, non ha tenuto conto dei
pazienti psichiatrici “gravi”, difficile da gestire nel territorio, ma
anche nelle strutture più contenitive.
Se
e vero che la popolazione psichiatrica, commette meno crimini della
popolazione normale, si è ignorato, invece, che vi è una fascia
minoritaria di malati mentali con alta pericolosità fino all’acting-out
criminale, da cui la società e la famiglia in particolare, deve essere
tutelata dalla psichiatria civile con interventi più “mirati”.
La
stessa legge ha ignorati gli OPG e con essi i pazienti giudiziari. Ciò
non ha permesso di realizzare modelli adeguati d’intervento per i
pazienti più complessi e spesso con doppia diagnosi, finalizzati al loro
recupero, nel rispetto della società, ma anche delle vittime, spesso
dimenticate in Italia. Buona parte dei pazienti psichiatrici, abbandonati
a se stessi, hanno finito per trovare nel carcere un nuovo “habitat”
di sopravvivenza in linea con il “manicomio” da cui, alla fine, non
erano stati mai liberati.
Non
vi sono dati univoci sulla realtà del disagio mentale in carcere, ma il
DAP fornisce questi valori riferiti al 2004-2005: 10,25% dei detenuti sono
affetti da depressione, 6,04% patologie psichiatriche diverse, 3% è
affetto da altre patologie neurologiche, 0.8% è colpito da deterioramento
psichico. Oggi si stima per approssimazione che i detenuti con disturbi
mentali siano circa il 16%, di cui il 4% psicosi (Società Italiana di
Psichiatria).
I
dati Ansa-Eures del 2007, riferiti al 2005, ci sottolineano il dato che
gli omicidi in famiglia (29,1%) superano, per la prima volta, quelli della
criminalità organizzata (24,4%). Diverse sono le componenti che
andrebbero analizzati per spiegare esaurientemente questi dati, ma
sicuramente sono in aumento i casi dei reati, anche gravi, legati al
disagio psichiatrico.
Attualmente
si stima che i servizi psichiatrici trattino solo il 10% delle persone che
in un anno presentano disturbi psichiatrici.
Si verifica l’impossibilità di garantire un’assistenza
sanitaria specifica nel medio-lungo periodo e si registra l’assenza di
protocolli unitari per l’attuazione del Trattamento Sanitario
Obbligatorio (TSO), che rappresenta un reale momento di rischio, sia per
il paziente che per i professionisti del settore.(Indagine conoscitiva
della Commissione Igiene e Sanità del 14 febbraio 2006)
I
Dipartimenti di Salute Mentale, con queste difficoltà croniche e con
risorse finanziarie insufficienti ed inferiori a tutti gli altri paesi
europei, non possono farsi carico anche dei pazienti del circuito
penitenziario. La finanziaria legata al DPCM ha previsto risorse
economiche aggiuntive, oltre a quelle che prima destinava al Ministero
della Giustizia, ma del tutto insufficienti, perché possano apportare un
reale miglioramento dell’assistenza sanitaria negli Istituti
penitenziari e negli OPG.
Da
sempre il territorio (Servizi psichiatrici) non sono riusciti a prendersi
in carico i pazienti degli OPG, anche quando la loro pericolosità sociale
era considerata cessata o fortemente scemata.
Il
DPCM, al pari della legge “180”, sembra ripercorrere gli stessi errori
di fondo: non prendere in considerazione una piccola popolazione di
pazienti psichiatrici gravi che hanno bisogno di un “contenimento più
forte” in strutture ad alta protezione e che spesso, poi, necessitano di
operatori con competenze in psichiatria forense.
Nell’allegato
C erano stati previste tre fasi per il superamento degli OPG. Nella prima
fase avrebbe dovuto realizzarsi uno snellimento di tutti gli OPG per via
del trasferimento dei detenuti in art. 148 C.P. (sopraggiunta infermità
mentale nel condannato) e le osservazioni psichiatriche (art.112 del DPR
230/2000), “nelle sezioni di cura e riabilitazione, all’interno delle
carceri”. Quando queste sarebbero state attivate. E si sarebbe dovuto
realizzare la dimissione dagli OPG dei pazienti prosciolti (art. 222 C.P.)
alla fine della Misura di Sicurezza, qualora le regioni si sarebbero
attivati con dei progetti specifici per il loro inserimento nei territori
di provenienza.
Tutto questo non si
verificato, anzi si è avuto un aumento dei pazienti in carico agli OPG: |
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In
conseguenza dell’attuazione del DPCM e delle fasi da attuare
nell’allegato C, in Italia si sono disegnato scenari diversi, in ordine
alle diverse realtà in cui gravitano regionalmente gli OPG. I Direttori
sanitari degli OPG di Aversa, di Napoli, di Montelupo e di Reggio Emilia,
al pari di altri operatori della medicina penitenziaria, sono stati
trasferiti alle ASL competenti territorialmente e come dipendenti non più
in carico al DAP, sono stati nominati altri 4 direttori Amministrativi per
gli stessi OPG. Questo non è avvenuto per l’OPG di Barcellona Pozzo di
Gotto, in quanto la Regione Sicilia a Statuto Autonomo non ha recepito il
DPCM, né per l’OPG di Castiglione delle Stiviere, che all’opposto,
essendo già completamente
sanitario è stato recepito dalla Regione Lombardia e con esso tutte le
figure sanitarie di riferimento senza alcun cambiamento. Inoltre la
funzione sanitaria e la funzione di sicurezza è rimasta sotto la
responsabilità di una unica Direzione (la stessa di prima). ma con il
vantaggio di potere gestire in maniera univoca e senza divisioni di
“poteri” (salute e sicurezza), i progetti di cura per i pazienti, la
loro riabilitazione
(trattamento), uscita e dimissione.
In
questo senso per gli altri OPG si è venuta a creare una situazione forse
inevitabile sul piano formale, ma, di fatto, più complessa e difficile da
gestire. Infatti, la doppia direzione in questi 4 OPG (Aversa, Napoli,
Montelupo e Reggio Emilia) vede nel Direttore Amministrativo, la figura
che detiene la conduzione vera dell’OPG, anche quella dell’area del
trattamento, che dovrebbe essere di competenza del direttore sanitario. Si
è realizzato, di fatto, una regressione, dove l’assistenza psichiatrica
dei pazienti, può venirne penalizzata o tutto al più rimanere nelle
stesse condizioni precedenti all’applicazione del Decreto.
Il
12 febbraio 2009 è avvenuto l’insediamento del tavolo ufficiale della
conferenza Stato-Regione e Ministeri competenti, presso la Presidenza del
Consiglio, per affrontare le criticità appena accennate. Si renderà
necessario trovare soluzioni validi, tenendo conto delle più realistiche
condizioni sia della Psichiatria Italiana, sia dei pazienti difficili da
trattare, senza alcuna sottovalutazione. Soprattutto occorre la presenza
attiva del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria del Ministero
della Giustizia ed il coinvolgimento primario della Magistratura, a tutela
del Codice Penale per i pazienti autori di reato.
Le
soluzioni praticabili per il superamento degli OPG possono essere diverse,
ma una via sembra già tracciata, se si prende in considerazione
l’esperienza del “modello sanitario di Castiglione delle Stiviere”
che ha realizzato una esperienza di clinica riabilitativa e di psichiatria
forense nella gestione del paziente psichiatrico autore di reato (la così
detta via della “castiglionizzazione” degli altri OPG). A questa può
associarsi la variante, quando occorre, della presenza degli agenti di
polizia penitenziaria all’esterno dell’OPG tutto sanitario.
L’Azienda
Ospedaliera “C. Poma” di Mantova ha al suo interno, unica realtà
italiana, due aree psichiatriche (DSM e Presidio OPG) , non assimilabili
ma in rapporto funzionale ed in grado di confrontarsi tra di loro, come già
avviene, per la realizzazione di obiettivi comuni
nell’ambito della formazione.
Questo permetterà, di elaborare protocolli comuni per la dimissione
dei pazienti di competenza del territorio di Mantova dove si prevederanno:
piani terapeutici di cura e di riabilitazione
concordati, analisi criminologica, identificazione dei fattori di rischio,
realizzazione della dimissione con tutti gli istituti dell’Ordinamento
Penitenziario (Legge 354/75, DPR 230/2000) e del Codice Penale, in un “modello
sperimentale” che potrà essere
utile per le altre realtà nazionali.
Antonino Calogero
Direttore OPG, Castiglione
delle Stiviere
Azienda
Ospedaliera “C. Poma” di Mantova Presidio
Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Castiglione delle Stiviere |
a cura di Aurelio Cannatà
Redazione informatica SIAECM
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5607
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